Adem Ljajic affronta un passato che non ha avuto ma che, a più riprese, ha sfiorato. E che forse lo avrebbe portato ad avere un presente ben diverso da quello attuale. Vero, all’Inter di Mancini ha spesso trovato spazio, ma la sensazione che quella con i nerazzurri fosse un ennesimo ripiego (dopo la Roma e la Fiorentina), nell’attesa che il suo talento potesse davvero esprimersi in tutto il suo potenziale, si percepiva già in esate. E si percepisce tutt’ora. Il trequartista serbo, arrivato in prestito proprio dal club giallorosso, è da sempre stato un pallino di Ventura, che già lo aveva richiesto a Cairo nel suo primo anno di insediamento, quando il passaggio in Serie A sembrava cosa, se non sicura, comunque molto probabile.

 

Un investimento pesante, dalla Fiorentina, con la quale proprio in quell’estate (2012) il patron granata interloquiva per trovare un accordo e portare Alessio Cerci al Toro. Cerci e Ljajic, quindi, e un destino che avrebbe potuto ulteriormente incrociarsi in granata. Con Ventura, forse, l’attaccante croato avrebbe avuto un futuro simile a quello dell’ex numero 11, ora passato al Genoa. Per lo meno all’ombra della Mole, dove avrebbe giocato tanto e avrebbe avuto la possibilità di mettersi parecchio in mostra. Ora con 23 presenze e 3 gol in nerazzurro, l’attaccante si gioca tutte le sue chances per meritarsi una conferma e non passare come la promessa incompiuta, etichetta che da più di un anno gli è stata appioppata, non senza colpe personali.

 

Ventura avrebbe voluto allenarlo, lo ritroverà contro. E in futuro, soprattutto in caso di permanenza del tecnico in granata, il nome potrebbe tornare in auge, per dare maggiore qualità a una fase offensiva che quest’anno è apparsa particolarmente spenta e prevedibile. Tutto il contrario rispetto alle stagioni precedenti. Tra passato, presente e futuro, Ljiajic reincontra il Toro. A Jansson e compagni di reparto il compito di arginarlo.

 


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